MARCO TENGATINI

Tutto il mondo è paese: a decidere di stare bene nell’ambiente di lavoro siamo noi

Isolare non serve, accogliere e contribuire al bene di una squadra porta lontano. In fonderia si lavora in squadra, in ogni reparto lavorano piccoli gruppi di persone che devono poter contare una sull’altra, fidarsi una dell’altra.

Marco Tengatini è caporeparto in animisteria, dirige cinque persone e lavora per Fonderie Ariotti dal 1986. Prima di arrivare qui ha fatto esperienza in altre fonderie. In tanti anni di lavoro in questo settore è certo di una cosa: tutto il mondo è paese. “Non ho mai visto nessuno, né bianco né nero, né italiano né straniero,  imparare un mestiere solo perché timbra il cartellino nel luogo di lavoro ogni giorno – spiega -. Solo la volontà e il desiderio di fare propria una competenza può far sì che una persona acquisisca autonomia, quindi soddisfazione e libertà”. “Questo vale in tutti i paesi, in tutte le etnie, ovunque: è una regola universale”.

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Il dialogo tra colleghi, la condivisione di pensieri e l’ascolto sono elementi che contribuiscono a rendere piacevole il proprio ambiente di lavoro, a far venire voglia di alzarsi alla mattina per andare a lavorare. “Faccio del mio meglio per creare armonia nel mio gruppo, per invogliare le persone ad aiutarsi a vicenda e a parlarsi”, spiega Marco Tengatini. “In fonderia il mestiere è sempre in evoluzione, quello che impari oggi deve essere rivisto e aggiornato domani – aggiunge – Quando ho iniziato a lavorare pitturavo anime piccole, basamenti per macchine, ho imparato poi a scassettare le anime e a stampare.”

Nel corso degli anni il caporeparto ha visto il suo lavoro cambiare, diventare più complesso: “Siamo passati da getti medio piccoli a getti sempre più grandi, a tolleranze più ristrette e clienti più esigenti. Dobbiamo essere sempre pronti a specializzarci, a imparare cose nuove e puntare all’eccellenza per sfidare un mercato sempre più competitivo”.

Marco Tengatini parla anche di educazione, un termine che a volte rischia di sembrare desueto, “retrò”. Eppure è l’educazione a entrare in gioco quando si parla di accoglienza, quando si promuove un atteggiamento di ascolto e di comprensione all’interno di un gruppo di lavoro.

“Ricordiamoci che il tema della sicurezza, per esempio, è trasversale a tutti. La sicurezza non è un insieme di nozioni teoriche da imparare a memoria, è la consapevolezza che se ognuno di noi impara a rispettare se stesso e gli altri lavora in modo più sereno”, conclude il caporeparto. “Siamo solo noi, insomma, a decidere se vogliamo lavorare con il sorriso o con l’angoscia”. 

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