EDMUND ABOAGYE

Alimentare la collaborazione è il segreto per evitare il mal di testa

La storia che ha portato Edmund Aboagye in Italia, e in Fonderie Ariotti, inizia da sua mamma, “Betta”, che per diversi anni si è presa cura della nonna di Giorgio e Roberto Ariotti. Betta aveva lasciato il Ghana con la figlia più piccola, Manuela, mentre Edmund, il più grande, era rimasto nel loro Paese

“Quando mia mamma ha saputo che Fonderie Ariotti cercava nuovi lavoratori, mi ha subito detto di venire in Italia. Sono qui dal 2000 e mi occupo di sabbiatura.”

In fonderia, Edmund Aboyage è per tutti “Eddy”, un punto di riferimento per i suoi connazionali. Ha imparato l’italiano bene e in fretta, e il suo contributo in azienda è prezioso anche per aiutare i colleghi stranieri a comprendere le procedure aziendali. 

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La moglie di Edmund è ghanese, come lui, ed è arrivata in Italia qualche anno dopo di lui. Dal 2008 al 2016 hanno avuto cinque figli: due coppie di gemelli, quattro femmine e un maschio. “Con la lingua è stata dura all’inizio, ma mi sono dato da fare perché so che sapere bene l’italiano è l’unico modo per farsi veramente accettare in questo Paese – racconta Eddy – Ho frequentato la scuola serale e ho giocato molto a calcio, anche con i colleghi e i direttori”. “È così che mi sono fatto degli amici, all’inizio. Adesso ho amici un po’ di tutte le nazionalità, e sono contento di vedere che i miei figli si sentono italiani”.

“Eddy Aboyage”, grande tifoso del Manchester United, ha iniziato a lavorare in Fonderie Ariotti prima come sbavatore, poi è passato alla finitura e al controllo durezze. “Sono contento del percorso che ho fatto – racconta -. Ora so come funziona la fonderia e cerco di essere di supporto anche agli altri lavoratori”.

Edmund è molto attivo anche nella comunità cristiana ghanese di Palazzolo sull’Oglio, dove vive con la famiglia. La comunità è un punto di incontro per tutti i ghanesi che vengono a vivere in questo territorio. “Noi abbiamo l’accoglienza nel sangue, apriamo le braccia a tutti quelli che hanno bisogno – spiega -. Ci troviamo ogni settimana per la Messa, ascoltiamo la parola di Dio e passiamo la giornata insieme cercando di darci conforto, aiutarci e sentirci parte di una grande famiglia”. “Vivere da immigrati non è semplice, ti mancano le radici e hai bisogno di qualcuno su cui contare”.

Questi sono i valori che Edmund e sua moglie insegnano anche ai loro cinque figli. In casa i figli aiutano a tenere in ordine, a cucinare, a prendersi cura dei fratelli e a supportare la mamma nelle faccende domestiche. “Lo devono fare perché è giusto così, vivere sotto lo stesso tetto significa collaborare e aiutarsi, non aspettare che qualcuno faccia le cose per te”, dice.

Lo stesso vale ogni giorno nel lavoro: è importante darsi da fare in prima persona per creare un buon clima di collaborazione. “Andare a casa con il mal di testa non mi piace, spesso avrei anche motivo di arrabbiarmi, ma cerco sempre di controllarmi perché così mi mantengo in salute”, dice Edmund Aboyage sorridendo. “Devo anche ringraziare il mio capo, Andrea Chinelli, che punta sempre molto a stimolare la collaborazione fra colleghi.”

Edmund è dell’idea che, in generale, siano  sempre le regole a fare la differenza: quando le regole sono chiare per tutti e tutti le seguono, le cose vanno bene. Da ghanese trapiantato in Italia, dice che “Chi viene in Italia deve sapere che deve impegnarsi per imparare la lingua e trovare un lavoro. Trasferirsi in un altro Paese significa farne parte, rispettare le leggi, ed è giusto che ci siano le punizioni per chi ‘sgarra”.

Anche a Edmund è capitato di sentirsi chiamare “negro”, di rimanerci male, di volersi arrabbiare. “Ma arrabbiarsi non serve a nulla, io sono venuto qui per lavorare e dare ai miei figli un futuro migliore. Il resto non mi interessa, mi faccio scivolare le cose addosso e vado avanti”.

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